Rivoluzione o Caos? L’impatto dell’Intelligenza Artificiale sulla salute mentale

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Che cos’è l’intelligenza? Una capacità mentale. Grazie all’intelligenza comprendiamo e risolviamo problemi, ci adattiamo a nuove situazioni, apprendiamo e utilizziamo conoscenze e abilità per raggiungere i nostri obiettivi. Ragionare in modo logico, risolvere problemi complessi, pensare in modo creativo, comunicare efficacemente, sono queste alcune delle manifestazioni dell’intelligenza.
Esistono diverse definizioni e teorie sull’intelligenza, e ci sono state molte discussioni sulle modalità di misurazione e valutazione dell’intelligenza stessa. Alcuni studi hanno dimostrato che l’intelligenza è influenzata sia da fattori genetici che ambientali, e che può essere sviluppata attraverso l’esperienza, l’educazione e l’allenamento. Ma l’intelligenza artificiale invece che cos’è?

Per Intelligenza Artificiale (IA) si intende la capacità di una macchina o di un sistema informatico di eseguire compiti che richiedono intelligenza umana, come il riconoscimento di immagini, la comprensione del linguaggio naturale, la pianificazione, la risoluzione di problemi, il ragionamento, il giudizio e la creatività.
L’IA si basa su algoritmi, modelli matematici e tecniche di apprendimento automatico per imparare da dati e migliorare la propria capacità di eseguire compiti specifici come l’apprendimento automatico, la visione artificiale, il linguaggio naturale e la robotica. Ha molti usi pratici, come il riconoscimento vocale e il riconoscimento di immagini, l’analisi dei dati per il marketing e la raccomandazione di prodotti, il controllo dei processi industriali e la gestione delle risorse umane. Ma l’IA presenta anche sfide etiche e sociali, come la privacy dei dati, la responsabilità, la disoccupazione e la discriminazione.

Stiamo accedendo all’utilizzo dell’intelligenza artificiale attraverso una moltitudine di siti web. Ho provato a chiedere al più noto, Chat GPT, se si sentisse un’intelligenza artificiale. Qui di seguito la sua risposta:
Sì, sono un’intelligenza artificiale basata sull’architettura GPT-3.5 sviluppata da OpenAI. La mia funzione è quella di fornire informazioni, rispondere a domande e assistere gli utenti nella loro attività online. Tuttavia, è importante notare che sono solo un programma informatico e che la mia intelligenza è limitata alle conoscenze e alle informazioni che mi sono state fornite attraverso l’addestramento e il programma di sviluppo.

Un programma informatico che ha generato curiosità, sollevato dubbi di natura etica, pratica (alcune risposte sono completamente sbagliate e altre tendenziose), fatto incassare parecchio denaro a chi l’ha sviluppata e allertato tutti sull’autenticità o meno di un testo scritto. Nelle università americane si stanno introducendo sistemi per verificare che i testi siano scritti dagli studenti mentre in Italia un quotidiano ha fatto diventare Chat GPT giornalista per una settimana.

Ma quella a cui stiamo assistendo è una rivoluzione o il caos più totale? A questa domanda ancora non possiamo rispondere ma assumendo una posizione critica ma ottimista, possiamo però immaginare un mondo in cui l’intelligenza artificiale ci aiuterà a risolvere i problemi più complessi, migliorando la nostra vita quotidiana.

A proposito di questo toccherà anche al settore della salute e della medicina, compresa la diagnosi dei disturbi mentali, rispondere in maniera appropriata.

L’IA ha dunque il potenziale per trasformare radicalmente la diagnosi e il trattamento dei disturbi mentali, ma esistono rischi significativi associati all’uso di questa tecnologia. L’uso dell’IA nell’ambito della salute mentale ci porta nello scenario in cui l’algoritmo fornisca diagnosi errate o inventate per esempio. Se l’algoritmo non è stato addestrato correttamente o non ha accesso a informazioni sufficienti, potrebbe produrre diagnosi sbagliate, ad esempio, fornire una diagnosi di disturbo bipolare a un paziente che in realtà ha una depressione maggiore. Le conseguenze? Trattamento inappropriato, inefficace, pericoloso senza  alcuna valutazione accurata e un trattamento adeguato.

E’ la visione d’insieme e il contesto ciò che non ha l’intelligenza artificiale. Il suo potenziale è sì capace di trasformare il settore della salute mentale ma non è scevro da rischi significativi associati all’uso di questa tecnologia che va monitorata costantemente.

Valutazione, monitoraggio, addestramento corretto e attenzione ai dettagli, sono le parole chiave. Ma nonostante questo non basteranno.

L’empatia a tempo zero di Chat GPT  o di qualunque altro algoritmo è ben lontana da quella descritta da D. Goleman, nella sua Intelligenza Emotiva. La consapevolezza di sé,  l’autoregolazione, quell’immedesimarsi e sentire davvero ciò che l’altro prova non appartengono alla robotica e la conseguenza di questa mancanza di empatia “reale” è il buco dell’intelligenza artificiale. Riusciamo ad immaginare l’impatto sulla salute mentale?

Il fenomeno non finirà ma anzi si svilupperà per migliorare la vita di tutti noi, l’unica cosa alla quale dovremmo prestare attenzione è quella di non dimenticarci che mentre noi siamo capaci di emozionarci davvero, l’IA indossa maschere che simulano quell’emozione. E lo fa talmente velocemente che i nostri sensi potrebbero credere all’illusione.

 

 

 

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