In un momento storico come il nostro, teatro di manifeste certezze estreme e di valanghe di fake news, siamo portati a pensare meno e a decidere di più per scansare il dolore più velocemente. Attacco o fuga, senza repliche.
Il dubbio, abita solo nelle scelte pratiche, è un grosso mercato il dubbio, perché chissà se quel ristorante sia migliore di quell’altro, o se quel pantalone sia meglio di questo, o ancora chissà se quel modello di telefono sia meglio di quello che ho. Prezioso unguento per portafogli il dubbio sta perdendo la sua natura, il suo essere selvaggio e scomodo ci ha spaventato talmente tanto che l’abbiamo messo in gabbia.
Ma cosa ci stiamo perdendo davvero quando scegliamo senza consultare il nostro animale guida chiamato dubbio?
Il mondo in 4k ci stiamo perdendo. Perchè il dubbio è un po’ come una fotocamera digitale ultimissimo modello. Regala sfumature e percezioni che non immaginiamo. Il dubbio regala scoperte.
Nutrire il dubbio significa non addomesticarlo a crocchette di titoli di post, ma piuttosto abituarlo a infilare il naso dentro pagine di libri di cui nessuno parla più e magari confrontare quelle pagine antiche con quelle scritte oggi scoprendo qualcosa di noi che non sapevamo esistesse.
Nutrire il dubbio significa anche slacciare la cintura di sicurezza delle nostre certezze e pedalare su strade nuove con biciclette improvvisate e sentire la leggerezza del nostro vivere.
Nutrire il dubbio significa trovare un appetito insospettabile per le cose della vita, per i labirinti dell’esistenza, per gli oggetti perduti, per gli odori dimenticati, per i colori da mescolare ancora e ancora.
Il dubbio, inteso come impossibilità di accettare verità assolute esterne o interne a noi, è una grande risorsa.
Mettere in dubbio con intelligenza e senza arroganza, muovendosi su strade rispettose significa imparare anche a mettersi in dubbio, un gioco divertente con più possibilità. Usciamo dalla gabbia “attacco-fuga”.
Nulla è perduto, il pessimismo è uno stato d’animo mentre l’ottimismo è una scelta diceva il filosofo Alain. E l’appetito per la vita, quel desiderio di vedere come va a finire immaginando tanti “forse”, vien pensando.